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Quando l’ignoranza imbarazza la stessa banalità del male

È stata approvata ieri la mozione per l’istituzione di una commissione per la vigilanza e il controllo dei “fenomeni di intolleranza, razzismo e antisemitismo”, avente come prima firmataria la senatrice a vita Liliana Segre. La proposta è passata con 151 voti favorevoli e 98 astenuti, questi ultimi provenienti dalla parte destra dell’emiciclo. Gli esponenti di questi partiti hanno dichiarato di essersi astenuti perché vedono nella commissione un tentativo di bavaglio, come spiegato dal senatore e leader della Lega Nord Matteo Salvini, che teme di ritrovarsi a vivere in un libro di Orwell, o dal senatore di FDI Fazzolari che parla di “censura politica”. Oltre a provocarci inevitabilmente la stessa amarezza della senatrice Segre nel dovere constatare l’incapacità della politica di giungere a scelte condivise nemmeno su temi di una tale importanza, è evidente che questo voto ci dice tanto sulla situazione della destra in questo paese.

Indro Montanelli aveva predetto che Berlusconi avrebbe tolto credibilità alla parola destra per 20 anni; sbagliava, perché a più di 20 anni dalla discesa in campo dell’imprenditore meneghino siamo costretti, nostro malgrado, a constatare che la destra in Italia continua a perdere credibilità ad un ritmo sempre crescente. O meglio, la perde quello che per tanti anni abbiamo chiamato centrodestra.

L’astensione di Lega e FDI non stupisce, rimanendo in linea con l’anima profonda e sincera di questi due partiti, spingendo piuttosto alla riflessione i propri sostenitori sul fatto che i loro rappresentanti si sentano imbavagliati e censurati nella possibilità di proclamare i propri valori da un’azione volta a combattere discriminazione, razzismo e antisemitismo. Detto ciò non si può tuttavia non riconoscere a questa sezione del parlamento una certa dose di coerenza, almeno in questo. Del resto sono molteplici le occasioni in cui Salvini, intervistato sui suoi rapporti con l’estrema destra, invece di prendere nettamente e chiaramente le distanze ha fatto il vago sostenendo che siano categorie morte e che lui non si sente fascista né comunista né marxiano. Non è sicuramente un caso se il movimento dichiaratamente neofascista CasaPound ha deciso di non presentarsi più alle elezioni ritenendo che le loro istanze siano già ben rappresentate dalla Lega.

Più interessante è invece l’astensione di Forza Italia commentata con queste parole dall’onorevole Carfagna: “La mia Forza Italia, la mia casa, non si sarebbe mai astenuta in un voto sull’antisemitismo. Stiamo tradendo i nostri valori e cambiando pelle”.

È chiaro che Carfagna faccia riferimento alla tradizione liberale di cui spesso il suo partito si è fregiato, così come si è spesso fatto vanto di aver raccolto i valori socialisti o quelli popolari. Se la leadership di Berlusconi sia riuscita a conservare ed armonizzare fra loro tutte queste componenti nel grande calderone di FI è difficile dirlo, ma è sicuro che ha contribuito a fargli perdere credibilità, piegandole spesso a logiche di interesse e compromesso. In definitiva, nell’esperienza di Forza Italia, le idee, i valori e le tradizioni non sono mai state veramente importanti, fondandosi tutto sull’indiscusso carisma di Berlusconi: ed ora che questo carisma e questa presa sull’elettorato sono venuti meno non possono non emergere tutte le debolezze che impediscono un passaggio di consegne. È certo anche che continuando a procedere “a rimorchio senza rivendicare la nostra identità”, come denuncia sempre Carfagna, il processo di decadimento del centrodestra italiano denunciato da Montanelli non potrà mai fermarsi.