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Abbiamo bisogno di liberi e forti

Ricorre oggi l’anniversario dell’Appello ai liberi e forti lanciato da Sturzo nel 1919. Abbiamo bisogno di credere nella politica, quella vera

Ricorre oggi l’anniversario dell’Appello ai liberi e forti lanciato da Sturzo il 18 gennaio del 1919 e, cadendo nel 2021 anche i 150 dalla nascita del grande sacerdote e politico siciliano, non possiamo non cogliere l’occasione di riflettere su questa figura ma ancor più sulle sue idee. Dobbiamo farlo perché esse hanno esercitato un’influenza straordinaria nella vita politica tanto della nostra nazione quanto del nostro piccolo paese, a tal punto che lo storico Federico Chabod ritiene la Fondazione del Partito Popolare il più grande evento della storia Italiana del secolo scorso. Iniziamo da oggi limitandoci solo a lanciare qualche accenno e qualche suggerimento.

Proprio come noi oggi (senza voler con questo istituire paragoni fuori luogo) cerchiamo di lasciarci alle spalle la pandemia, gli uomini di quell’epoca uscivano dall’immane tragedia di una guerra senza precedenti per dimensioni. E allora come oggi la politica sembrava non riuscire a leggere i movimenti della società italiana, le sue difficoltà e le sue esigenze.
Ecco la prima lezione che Sturzo dà ai nostri tempi: alla crisi della politica può rispondere solo la politica. Certo, una politica profonda, ambiziosa, che sia frutto di una radicale e radicata elaborazione teorica e valoriale che nel suo caso durò più di un quindicennio.

Oggi più che di popolarismo si sente parlare di un’altra parola simile nella forma ma radicalmente diversa nel contenuto: il populismo, la produzione cioè di leader che si presentano come l’incarnazione del popolo e nell’aizzarlo contro i poteri forti e le istruzioni stesse finiscono per vedere in esso più uno strumento di potere che un fine. Sappiamo a quali esiti tragici condusse all’epoca di Sturzo e a quali – per il momento ridicoli, sperando che possa essere sempre così – ha condotto oggi noi.

Tutt’altra cosa è invece il popolarismo di Sturzo, l’idea cioè che protagonista dell’azione politica non sia lo stato o la classe sociale ma il Popolo, l’insieme delle persone che vivono e animano la società raccogliendosi nei gruppi intermedi come la famiglia, le associazioni, i comuni. È una politica che non mente ai cittadini, che non promette loro di estirpare il male dal mondo, regalargli la felicità e realizzare il paradiso in terra. Una politica conscia dei suoi limiti che abbia insomma sempre presente che non esistono problemi assoluti ma relativi, che si presentano diversi di volta in volta nella concreta situazione storica che viviamo e che non possono dunque essere risolti da risposte fisse e immutabili. La convinzione di fondo è che non sia mai possibile raggiungere uno stato di totale perfezione in questa vita:

«Nel movimento popolare invece non c’è la futura età di Saturno, la città del Sole, il 2000, la repubblica di Platone e simili ottimismi; perché la nostra fede cristiana e il nostro senso storico ci portano a valutare la vita presente come un “relativo” di fronte ad un “assoluto”, e quindi diamo valore fondamentale, anche nella vita pubblica, all’etica, che è per noi norma insopprimibile, e superiore a quella che si chiama “ragion politica” o “ragione economica”; e questo ci dà il senso di relatività, che incentra i problemi, e non li fa come per sé stanti, come fini assoluti da dover raggiungere per un logico predominio e per una ferrea legge.»

Il popolarismo, dunque, prima che una dottrina politica è uno stile, è il modo d’essere proprio di chi «ripensa e rivaluta le sue cose in rapporto alle sue esigenze umane, civili e politiche del tempo che noi attraversiamo» per dirlo con le parole dello storico e amico di Sturzo Gabriele de Rosa. È lo stile di chi non cede al fascino delle risposte semplici ma neanche a quelle totali e assolute, ma che ha invece la sensibilità di una continua riflessione, valutazione e ponderazione, la capacità di condurre una mediazione faticosa ma senza la quale però la stessa democrazia non può stare in piedi.

La politica di oggi è molto diversa da quella che abbiamo appena descritto. A tutti i livelli manca l’apporto valoriale, lo spessore culturale e la visione mentre abbonda una comunicazione ossessiva, inconsistente e spesso falsa. La politica pare essere ridotta ad acquisto del consenso e mera gestione del potere, piegata ad ambizioni personali che nulla hanno a che vedere con la promozione della Persona e della collettività.
Il riferimento all’Appello vuole essere per noi un’occasione di stimolo, di invito alla riflessione, pur consci che nell’immediatezza del messaggio il contenuto possa risultare aleatorio, retorico, calato nella realtà anche inconsistente. Invece è il segno di un disperato bisogno di politica, intesa non come strumento di carriere personali o di accrescimento del proprio narcisismo ed egocentrismo ma di opportunità di crescita e sviluppo.

Fermiamoci dunque a pensare e pretendiamo dalla stessa politica non il soddisfacimento di un bisogno immediato, ma di una vera occasione di futuro! Impegnamoci a essere Liberi e Forti!