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Chi è Joe Biden – #USA2020

Joe Biden è nato il 20 novembre del 1942 in Pennsylvania ma si trasferisce ancora bambino con la famiglia in Delaware. Laureatosi in legge pratica la professione forense fino all’elezione nel 1972 a senatore per il Delaware iniziando così una lunga carriera politica che lo porta a ricoprire molti ed importanti ruoli. Nel 1988 arriva la prima candidatura alle primarie del Partito Democratico, impresa che ritenterà fallendo ancora nel 2008. Ma è proprio il vincitore di quelle primarie a sceglierlo come compagno di tandem e così il 20 gennaio 2009 si insedia come vicepresidente di Barack Obama il quale riconoscendone i meriti ha insignito Biden della Medaglia presidenziale della libertà, onore concesso solo a Regan, a Colin Powell, e Giovanni Paolo II.

La sua vita è stata segnata da una serie di drammi privati come la morte della prima moglie e di una figlia nel 1972 o quella del figlio Beau nel 2015. Dal 1997 è sposato con Jill Tracy Jacobs. Primo vicepresidente cattolico della storia degli Stati Uniti opera secondo un criterio di rigorosa laicità e riconosce alla sua fede un ruolo ispiratore della sua azione politica: “Sono cresciuto con gli insegnamenti della dottrina sociale cattolica, per cui la fede senza le opere è morta”. Se eletto sarà il secondo cattolico, preceduto solo dal presidente Kennedy.

Quanto al programma, Joe Biden si è spostato su posizioni più progressiste negli ultimi mesi. Benché sia stato eletto perché frontman delle correnti centriste, l’ex vicepresidente di Obama ha da subito avvertito la necessità di accattivarsi la frazione più radicale dell’elettorato democratico, in forte ascesa negli ultimi anni.

La maggiore apertura di credito è il Green New Deal, la proposta sponsorizzata da Bernie Sanders e da Alexandra Ocasio-Cortez per perseguire una riconversione ecologica dell’economia a stelle e strisce. Si tratta di un programma di investimenti pubblici e di interventi normativi per contenere l’inquinamento dell’industria americana. Inutile dire che il ticket Biden-Harris intende rientrare negli Accordi di Parigi sottoscritti durante la COP21 dal Presidente Obama e poi rinnegati dal tycoon repubblicano. Durante lo scorso dibattito Trump ha accusato Biden di voler vietare il fracking, una tecnica che migliora la produttività delle estrazioni petrolifere. Anche questo è un argomento scottante, perché l’estrazione di petrolio è uno dei settori-chiave dell’economia del Texas, un feudo repubblicano di lunga durata che nelle ultime elezioni è diventato improvvisamente contendibile. Biden ha negato nettamente, benché l’ala sinistra dei dem sostenga proprio questa battaglia, per via dei forti rischi di contaminazione delle acque potabili.

La frizione principale tra Biden e i progressisti resta invece la questione sanitaria: l’ex vicepresidente propone un programma di ampliamento dell’assistenza sanitaria ma senza adottare il modello europeo di copertura universale e pubblica. L’idea è ripristinare e ampliare l’ObamaCare, il piano d’assistenza sanitaria pubblica che va incontro alle fasce meno abbienti della popolazione (e che Trump ha fortemente avversato durante la sua Presidenza). A questo intervento si aggiungono altre proposte. Anzitutto la riduzione del prezzo dei farmaci, che negli USA raggiungono costi molto alti, spesso insostenibili per molti americani. E in secondo luogo l’ampliamento di Medicare, il programma d’assistenza sanitaria gratuita e universale per gli anziani: Biden suggerisce di abbassare l’età d’accesso da 65 a 60 anni. Nonostante le divergenze tra le due ali del partito restino forti su questo capitolo, il dibattito generale si focalizza soprattutto sulla gestione coronavirus. Il livello dello scontro è questo: Trump ha accusato Biden di voler «ascoltare gli scienziati» se fosse eletto, mentre invece il tycoon li ritiene «degli imbecilli». Biden si è limitato a replicare: «Yes». Il candidato democratico si spinge a prevedere un congedo pagato per tutti gli americani che contraggano il COVID19, oltre a un premio salariale per i lavoratori del sistema sanitario.

Il maggiore scontro tra Trump e Biden si consuma sull’economia e sulle tasse. Joe Biden ha presentato una serie di proposte fiscali che dovrebbero abbassare le tasse sul 95% degli americani, come gli chiedeva l’ala sinistra, e alzarle sul 5% più ricco e in particolare su quel famoso 1% al centro delle contestazioni dei militanti più giovani. La proposta è arrivare a un’aliquota massima del 39-40% per le persone fisiche (la loro IRPEF) e ritornare al 28% d’imposta per le società (la loro IRES), oltre a una penalità fiscale per chi delocalizza, e altre idee ancora. Biden suggerisce anche una serie di sgravi e crediti fiscali per le fasce basse, un’estensione dell’assegno di disoccupazione causa COVID, e soprattutto due progetti a forte impronta laburista: l’aumento del salario minimo orario federale a $15 (storica battaglia della sinistra dem) e un forte sostegno alla sindacalizzazione dei lavoratori, molto meno radicata al di là dell’Atlantico. Dunque il programma fiscale di Biden è completato da un’agenda molto attenta ai diritti sociali, che contempla anche numerose proposte sulla salubrità del luogo di lavoro, sull’effettivo pagamento degli straordinari e sul sostegno al diritto di sciopero.

Oltre a piani specifici per sbloccare l’ascensore sociale a favore della minoranza afroamericana e migliorare la sicurezza economica delle donne, l’ex vicepresidente ha preso posizioni forti sul commercio delle armi (moratoria sui fucili d’assalto), sulla riforma penale e carceraria (depenalizzazione della cannabis), e sui diritti civili (azzeramento totale delle misure adottate da Trump negli ultimi anni). Su un solo punto resta oggettivamente incalzato dai Democratic Socialists che colonizzano i dem: il debito studentesco, contratto dai giovani statunitensi per pagarsi le rette dei college e dell’università e che ha assunto dimensioni preoccupanti. C’è chi ne propone la radicale cancellazione. Sul tema, l’ex Vice di Obama non si espone.

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