Categories
Cultura News

Grazie, don Vittorio

È terminata ieri la giornata terrestre (lui avrebbe detto così) di don Vittorio Lamattina, parroco di Satriano dal 1951 al 1962. E a Satriano è rimasto legato per tutta la vita, tanto che anche negli ultimi anni, quando la fatica dell’età si faceva sentire e anche la lucidità attraversava momenti di debolezza, bastava nominargli il nostro paese e subito il sorriso gli si disegnava sul volto e tornava l’entusiasmo del giovane sacerdote alle prese con la sua prima parrocchia. Avrebbe allora raccontato di quel 27 ottobre 1951 quando non ancora 30enne giungeva a piedi per prendere possesso della parrocchia salutando i contadini che gli si facevano incontro. O di quando mentre imparava a guidare qui a Satriano gli amici lo prendevano in giro dicendogli che gli avrebbero comprato un “favcion” vista la sua tendenza ad uscire fuori strada finendo nei campi. Ma anche ricordi più intimi, come quando entrando in chiesa e trovò inaspettatamente in preghiera Emilio Colombo, il quale si trovava a transitare nei pressi di Satriano in occasione di un viaggio ufficiale e gli chiedeva di fermarsi lì accanto a lui.

Rimase a Satriano per undici anni, trascorsi a servire la nostra comunità con dedizione assoluta e totale di cui le prime e più tangibili testimonianze sono le tante cappelle da lui consacrate e soprattutto la grande chiesa madre che è ancora oggi il luogo in cui si svolgono gli eventi centrali delle vita della nostra comunità.

Vogliamo però ricordarlo soprattutto per essere stato un sacerdote coraggioso in grado di cimentarsi anche con i mezzi di comunicazione all’epoca più all’avanguardia come testimoniato dalla sua passione per la radio e, in tempi più recenti, per i social network che non disdegnava di usare.

Come dimenticare poi le opere di assistenza sociale quale la conversione della cappella di Santa Sofia in asilo per l’infanzia: “Gesù bambino ha regalato la sua casa ai vostri bambini” amava dire ricordando quell’operazione.

Un sacerdote zelante e pio chiamato a raccogliere un’eredità importante e per questo non semplice come quella lasciatagli dal suo predecessore, l’arciprete don Antonio Camardella. Nel solco di questa eredità si mosse don Vittorio, comprendendo che la sua missione non poteva limitarsi alle pareti della chiesa ma doveva uscire fuori, entrare nella società e animarla, alimentare il dibattito culturale e politico, avere un occhio di particolare attenzione sempre rivolto ai giovani e ai più piccoli, i quali (erano sue parole) se salvati dalla strada diventano la speranza e “il parafulmine” contro i guai di Satriano.

Così nacque la straordinaria esperienza de La voce di San Rocco, giornalino da egli pensato e diretto, non solo mezzo di pastorale, ma anche di confronto, oltre che filo con i tanti emigrati che avevano dovuto lasciare Satriano. Tramite queste pagine i nostri concittadini dell’epoca sperimentavano un nuovo modo di essere Chiesa e società, scoprivano la propria storia, si affacciavano verso l’esterno grazie alle “occhiate nel mondo”, prendevano coscienza dei doveri e dei diritti che derivavano dal loro essere cittadini.

Satriano ha riconosciuto a don Vittorio i suoi meriti e gli ha tributato il proprio omaggio nelle numerose visite che egli ha compiuto a Satriano negli anni successivi alla fine della sua missione. Ricordiamo in particolare quella del 2011 quando gli fu concessa la cittadinanza onoraria ma anche quella più intima in occasione della celebrazione di San Rocco il 16 dicembre del 2016.

Tuttavia, se ci limitassimo a una descrizione fiabesca della presenza di don Vittorio a Satriano faremmo un torto ai fatti oltre che alla profondità e complessità del personaggio. Ci furono momenti di incomprensione, difficoltà, scontri a volte anche aspri davanti ai quali egli ebbe sempre la capacità di ricomporre le fratture senza mai abdicare ai valori, di abbattere i bastioni senza perdere di vista i punti fermi. Vogliamo riprendere le parole con le quali si rivolgeva ai satrianesi a seguito di alcune manifestazioni di dissenso nei suoi confronti:

La neutralità, ingenuamente o maliziosamente suggerita, è tradimento per un Sacerdote, in quanto è la neutralità del mercenario evangelico, il quale, quando vede un lupo rapace avvicinarsi al gregge, fugge al sicuro piuttosto che difendere le pecorelle a costo della propria vita. Miei cari satrianesi! Le minacce, le calunnie e gli insulti non mi hanno terrorizzato, né demoralizzato, pur avendomi arrecato un grande dolore, il dolore del padre, che si vede minacciato, calunniato, insultato dai figli. Mi sento ancora il padre, il maestro, il pastore delle vostre anime e vi porto tutti nel mio cuore, buoni o cattivi. Come il buon pastore, metto al sicuro nel Cuore di Gesù le fedeli novantanove pecorelle e mi metto in cerca, insieme alla Madonna pellegrina, della centesima pecorella smarrita.

Don Vittorio definiva Satriano “il mio primo amore”.
Oggi lo accompagnano le preghiere dei tanti che da lui hanno ricevuto i sacramenti, di quanti hanno maturato una vocazione sotto il suo esempio, di chi ha trovato in lui una guida, degli amici che lascia e di quelli che sapeva di dover incontrare di nuovo alla fine dei suoi giorni.
A loro ci uniamo nel ringraziarlo per quanto ha fatto e seminato nel nostro paese, nella speranza di essere riusciti a restituirgli almeno un poco del tanto che ci ha dato.