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Società, comunità, politica

Comunità, società e politica.

Nel primo capitolo de L’uomo e lo stato Jacques Maritain, di cui oggi ricorre l’anniversario della nascita, introduce una fondamentale differenza fra comunità e società, rifiutandone la sovrapposizione. La comunità è tenuta insieme da elementi che precedeno la vita razionale del singolo e creano un ego comune fondato sulle determinazioni culturali ed ambientali del contesto nei quali si è inseriti. La nazione, ad esempio, è dunque una comunità, quale insieme di usi, tradizioni e sentimenti condivisi a cui l’individuo è esposto ancora prima dell’inizio della vita cosciente.
La società si costituisce invece attorno ad un telos, un obiettivo: un’impresa è una società che ha come scopo il guadagno, un’associazione culturale la diffusione di un preciso contenuto o la promozione della vita intellettuale.
A questo punto ci si domanda: il corpo politico cos’è, una società o una comunità? La risposta, che potrebbe parere teorica, ha in realtà un’enorme implicazione pratica perché determinerà l’impostazione e l’azione dello stato.
Le dittature dell’Europa del ‘900 sono un ottimo esempio di cosa succede quando il corpo politico viene pensato quale comunità. La Germania di Hitler si concepiva come espressione del volksgeist, dello spirito del popolo tedesco, per cui chi non era parte di questo spirito era fuori dal corpo politico. Un’idea del genere da necessariamente origine ad uno stato populista poiché ha la pretesa di parlare a nome dell’intero popolo e di conseguenza dittatoriale, in quanto chi non si adegua non è più più parte del popolo, è un traditore della patria. Ovviamente il razzismo è dietro l’angolo se non proprio intrinseco a questa idea, la comunità si trasforma subito in immunità.
Maritain afferma invece che il corpo politico è una società, il cui scopo specifico e costitutivo è la ricerca e la promozione del bene comune, che non è la sommatoria dei vari interessi ma la possibilità di un pieno sviluppo umano di ognuno nella sua componente individuale e in quella sociale. È un modo di pensare la funzione politica profondamente pluralista poiché contempla la presenza delle più diverse componenti culturali, etniche, religiose e le più diverse idee politiche facendole convergere nell’impegno verso il raggiungimento del bene comune. Lo stato che nasce da una politica così impostata “non è la suprema incarnazione dell’idea come pensava Hegel;lo stato non è una specie di superuomo collettivo;” ma è invece “uno strumento al servizio dell’uomo”, una parte specializzata negli interessi del tutto e subordinata al corpo politico.
Questo è l’errore della politica della comunità che dai nazionalismi ai regionalismi fino alle più piccole dimensioni locali è destinata a collassare sempre più verso il particolare, profondamente vocata a derive autoritarie. Quella della società guarda invece al globale, nella costruzione di una società politica sempre perfettibile ed immersa in un’autentica dimensione cosmopolitica.